Il papà dell’influencer che si è tolto la vita rompe il silenzio: parole durissime (2 / 2)

La triste storia di Vincent Plicchi è finita su tutti i siti di cronaca nazionale, correndo molto rapidamente sul web. Aveva solo 23 anni, Vincent, e si è tolto la vita nella sua abitazione, sui colli bolognesi, lunedì 9 ottobre, in diretta social. Un gesto estremo, fatto dinnanzi a tutti coloro che, in quegli attimi, erano collegati, con cui ha posto fine alla sua giovane esistenza ma forse, un’ultima sua richiesta di aiuto, a tutti i suoi numerosissimi followers, o  chissà, magari un tentativo di comunicare quanto, proprio la nota piattaforma cinese che lo aveva reso una celebrità, gli avesse, al tempo stesso, arrecato tanta sofferenza.

Un dolore insostenibile, il suo, legato alle accuse infamanti di pedofilia che altri due tik toker gli avevano infondatamente lanciato , a seguito delle quali, migliaia di utenti gli si erano scagliati contro. C’è suo padre, Matteo Plicchi, che nel giorno dei funerali di suo figlio maggiore, non riesce a darsi pace, convinto che Vincent, un ragazzo sensibile, sia stato diffamato da chi faceva il suo stesso lavoro, in modo che potessero aumentare la loro visibilità sui social.

@Inquisitor3, questo il nickname con Vincent Plicchi si mostrava su TikTok, aveva raggiunto un incredibile successo tra la comunità di cosplayer e tra gli amanti del gioco Call of Duty e forse, proprio l’invidia di altri tik toker, per la fama che il 23enne aveva ottenuto, è stata il motore di accuse infamanti che Plicchi, alla fine, non ha retto, togliendosi la vita.  Il padre del ragazzo ha dichiarato: “È iniziato tutto circa venti giorni fa, adesso ho scoperto che questa ragazza turca con il suo fidanzato hanno ordito una trappola infangando mio figlio, dandogli del pedofilo e poi aizzando altri influencer a dargli addosso”. 

Questo il proseguimento delle dichiarazioni rese da Matteo Picchi: “Vincent non me ne aveva parlato, avevo notato che aveva sospeso i suoi profili social, ma mi aveva detto “è tutto a posto, dicono certe cose ma non m’importa”. L’avevo visto un po’ strano, però lui mi ha rassicurato, non potevo immaginare. E poi lui era un animo sensibile, buono. Dopo il suo decesso volevo capire e allora ho aperto un profilo anch’io e ho contattato alcuni di quelli che lo avevano accusato. Pensi che alcuni influencer italiani mi hanno spiegato di essere stati “costretti” a partecipare alla gogna social per non perdere follower. Hanno ammazzato un loro coetaneo solo per la visibilità”. 

Riguardo alla possibile denuncia, Matteo Plicchi ritiene che chi sta indagando abbia già tutti gli elementi per andare a fondo e a parlare è anche Tik Tok, dal momento che “c’è persino gente che adesso si scusa e hanno praticamente ammesso ciò che hanno fatto” (riprendo testualmente le parole del padre del 23enne). Il cyberbullismo è una delle piaghe più dilaganti della nostra società, che si manifesta con forme di molestia e discriminazione che hanno trovato fertile dall’uso, sempre più esagerato, di social network, forum, chat e altri servizi di messaggistica, piattaforme di gioco, etc. Il padre di Vincent ha dichiarato che contatterà qualche associazione, organizzando una raccolta fondi con gli amici del figlio affinché i ragazzi vengano aiutati e non accada mai più quello che è successo al povero Vincent. La Procura di Bologna, intanto, ha aperto un fascicolo conoscitivo. Continueremo a seguire il caso, fornendovi i dovuti aggiornamenti.