
La risposta è legata al concetto di utilizzo prolungato. Quando l’uso del veicolo da parte di un soggetto diverso dall’intestatario cessa di essere sporadico e assume un carattere continuativo, l’automobilista entra nel mirino della norma. In casi come questi, l’anomalia è data non dal fatto di guidare il mezzo, ma dalla mancata comunicazione di tale abitudine all’ente preposto.
Secondo quanto previsto, se l’uso prolungato e stabile non viene segnalato, l’omissione diventa un illecito sanzionabile .L’autorità designata a ricevere questa cruciale comunicazione è la Motorizzazione Civile. Ignorare l’obbligo di segnalazione ha un risvolto economico estremamente serio: il rischio per il conducente disattento è quello di incorrere in una multa salata, ovvero una sanzione amministrativa di importo significativo.
In sintesi, la regola è chiara: guidare l’auto della moglie, di un genitore o di un amico è legale fintanto che l’uso resta saltuario o temporaneo. Il problema sorge solo quando l’uso diventa un’abitudine stabilizzata nel tempo, un fattore che impone l’aggiornamento dei dati per la corretta tracciabilità amministrativa del veicolo.

In Italia ricordiamo non è vietato mettersi al volante di un’auto che non risulti intestata al conducente. Ciò che conta è che il veicolo sia regolarmente assicurato, revisionato e conforme alle norme di circolazione. Tuttavia, la legge distingue chiaramente tra l’uso occasionale e quello continuativo.
A disciplinare questa materia è l’articolo 94, comma 4-bis del Codice della Strada, che impone l’obbligo di segnalare l’utilizzo prolungato di un mezzo intestato a un’altra persona per un periodo superiore a trenta giorni. Chi omette tale passaggio rischia una sanzione amministrativa compresa tra 705 e 3.526 euro, oltre al ritiro temporaneo della carta di circolazione fino alla regolarizzazione della posizione.
