A 91 anni, Gino Paoli è ancora lucido, provocatorio, pieno di ironia. Ma dietro il sarcasmo e le battute sul whisky e le sigarette, c’è una ferita che non si rimargina: la scomparsa del figlio Giovanni. Un dispiacere che il cantautore non riesce a lasciarsi alle spalle, nemmeno oggi. “È un’ingiustizia atroce. Doveva spirare prima il padre del figlio. Dovevo andarmene io prima di lui”, confessa in un’intervista al Corriere della Sera, con la voce di chi porta un peso che nessuna parola può alleggerire.
La perdita lo ha segnato profondamente, tanto da cambiare anche il modo in cui si rapporta con la fede. Il suo dialogo con Dio è diretto, quasi rabbioso: “Gli chiedo perché si è portato via quasi tutti i miei amici, e soprattutto mio figlio. E Lui mi risponde: ‘Se ci pensi bene, lo capisci’. Dice che si circonda solo di persone buone e intelligenti. Ma allora, io cosa ci faccio ancora qui?”.
Il dolore della scomparsa altrui è ciò che oggi lo spaventa più della sua stessa fine. “Non ho paura di andarmene io, ma ho paura di perdere le persone che amo”, dice Paoli. Un sentimento che emerge anche nei ricordi del suo passato più buio, come il tentativo di togliersi la vita del 1963, quando, pur avendo tutto – successo, denaro, donne – si sentiva vuoto. “Volevo solo vedere cosa c’era dall’altra parte”.
L’aldilà lo immagina in modi opposti: ora come un luogo freddo e silenzioso, ora come un paradiso di luce e musica, dove poter ritrovare chi ha amato. Forse, anche suo figlio. Dietro la figura del grande autore, dell’uomo che ha fatto la storia della canzone italiana, resta un padre spezzato, che ogni giorno convive con l’assenza.
Gino Paoli, oggi più che mai, è la voce non solo di generazioni, ma anche del dispiacere umano più universale: quello per la perdita di un figlio. E a 91 anni, quel vuoto continua a farsi sentire e a causargli tanto rammarico e dispiacere.