A distanza di 18 anni dal delitto di Chiara Poggi, il caso che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso potrebbe entrare in una nuova fase. Un testimone, fino ad ora rimasto nell’ombra, è infatti comparso con elementi che potrebbero rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio costruito nel tempo.
Si tratta di un muratore di origine egiziana, residente nella zona, che ha consegnato alle forze dell’ordine alcuni oggetti rimasti per anni in suo possesso. Tra i reperti spuntati ci sarebbero un martello, un attizzatoio, una mazzetta e una piccozza: strumenti potenzialmente compatibili con le ferite riscontrate sul corpo di Chiara. A mostrarli per la prima volta è stata la trasmissione Ore 14 sera, condotta da Milo Infante su Rai2, andata in onda giovedì 26 giugno.
Inizialmente si era parlato di un ritrovamento casuale nei pressi della roggia di Tromello, ma ora emerge che la provenienza sarebbe diversa: gli oggetti sarebbero stati conservati per anni dal nuovo testimone, che solo oggi ha deciso di consegnarli ai carabinieri. Gli inquirenti hanno avviato una serie di accertamenti per verificare eventuali impronte digitali e tracce di DNA presenti sui reperti.
I test saranno condotti con strumentazioni all’avanguardia e potranno contare anche sull’analisi di 34 fogli di acetato, contenenti residui biologici che potrebbero rivelarsi decisivi. Uno degli aspetti più delicati è legato a una cannuccia di Estathé appartenente alla colazione di Chiara: qui sarebbe stato isolato il profilo genetico di Alberto Stasi, l’ex fidanzato condannato in via definitiva nel 2015.
Questo nuovo sviluppo solleva interrogativi inquietanti: perché questi oggetti emergono solo ora? E se fossero davvero le armi del delitto, chi le ha utilizzate? Le rivelazioni potrebbero portare a un riesame del caso, o almeno a una riapertura dell’inchiesta. Le certezze giudiziarie sembrano vacillare, mentre cresce l’attesa per i risultati delle analisi. Il caso Poggi potrebbe non essere ancora arrivato alla sua verità definitiva.