
La risposta all’assenza di paura emerge non solo dal tono, ma dai fatti nudi e crudi forniti al sistema di emergenza. L’analisi di Roberta Bruzzone ha infatti evidenziato che la descrizione di Alberto Stasi sulla scena era macroscopicamente sbagliata.Lui ha parlato di Chiara Poggi come di “una persona” sdraiata per terra e in casa.
Ma il corpo, come noto, era stato trovato in fondo alle scale, e chiunque l’avesse vista l’avrebbe descritta in quel modo specifico.Per la professionista, l’indicazione era manifestamente incongrua. Se il fidanzato si fosse realmente avvicinato, anche solo per osservare le condizioni del corpo, non avrebbe potuto dare una collocazione così errata.
Questo distanziamento linguistico — usare “una persona” anziché il nome di Chiara — e la descrizione errata sono stati visti come chiari segnali di una narrazione costruita su una serie di indicazioni possedute in anticipo.Come spiegato dall’esperta, un momento di genuina paura porta spesso a essere disorganizzati e a manifestare emozioni.

Stasi, invece, risultò quasi infastidito dal dover fornire indicazioni precise, una condizione che non si concilia con il vero spavento.Un altro elemento critico sollevato nell’analisi riguarda i soccorsi: se l’ambulanza fosse arrivata tempestivamente, non ci sarebbe stato nessuno ad accoglierla o indirizzarla, perché la casa non era individuata in modo preciso dagli operatori.Secondo Bruzzone, tentare di leggere la telefonata in chiave favorevole a Stasi è “un’impresa titanica”.
La conclusione si aggancia alla natura stessa della comunicazione: la chiamata fu costruita su informazioni note, poiché fu lui stesso a mettere Chiara in quella definitiva condizione. Vediamo che cosa i deciderà nelle prossime settimane.