I genitori di Chiara Poggi sono sconvolti nell’apprendere che la Procura di Pavia ha deciso di rigettare la richiesta di incidente probatorio avanzata dai loro avvocati, i quali avrebbero voluto l’effettuazione di nuovi accertamenti biologici sull’impronta palmare numero 33.
Si tratta, come abbiamo anzidetto, della traccia rinvenuta sulla parete delle scale nella villetta di Garlasco. Il 2 luglio, dunque 20 giorni fa, i magistrati hanno stabilito che “non è possibile procedere ad accertamenti biologici” su questa impronta, dal momento che non esiste più materiale disponibile da analizzare, ma questo è stato diramato solo ora.
Così facendo, però, chi riteneva che l’impronta potesse essere riconducibile a una mano destra sporca di sangue, dovrà forse ricredersi dopo la scelta dei giudici di non effettuare nuovi accertamenti su di essa.
Il rigetto risale al 2 luglio ma è venuto fuori in queste ore, tramite l’agenzia Adnkronos, a pochissima distanza dalla presunta deposizione della difesa di Alberto Stasi di una consulenza che mira a dimostrare che su quell’impronta c’è (c’erano) tracce ematiche. I consulenti dell’unico condannato non hanno avuto accesso al materiale fisico dell’impronta, perché non esiste più.
All’interno del documento stilato dalla Procura è riportato che l’intonaco prelevato nella zona dove era presente l’impronta 33 “risulta allo stato interamente utilizzato” durante le precedenti indagini biologiche. Il l tenente colonnello Alberto Marino del Ris, il 9 giugno, ha informato i pubblici ministeri che il campione è stato completamente impiegato nelle analisi precedenti, “dopo essere state verosimilmente pregiudicate dall’azione inibente della ninidrina”. Ancora oggi, il delitto di Chiara Poggi continua ad essere avvolto nel mistero… mistero che gli inquirenti stanno cercando di risolvere da quasi due decenni, in modo meticoloso.