Fratelli Bianchi, la notizia dal carcere: lo hanno fatto gli altri detenuti (2 / 2)

Tra la gioia di chi ha sempre creduto nella giustizia, sentendosi proferire la tanto sperata parola “ergastolo“, c’erano altre urla e imprecazioni, quelle degli imputati, all’interno dei gabbiotti, che, rimasti in silenzio per tutto il tempo, alla fine si sono lasciati andare ad una forte disapprovazione nei confronti della sentenza emessa dal giudice.

Il clima decisamente surriscaldato, dopo un ultimo abbraccio tra i due Bianchi, è stato placato dall’intervento degli agenti della polizia penitenziaria che hanno portato in cella gli imputati. Adesso i fratelli Bianchi dovranno camminare separatamente, perché mentre Gabriele, il più grande dei due, resterà nel carcere di Rebibbia, Marco è stato trasferito in un’altra struttura.

Sin da quando hanno varcato le mura della struttura penitenziaria, l’accoglienza da parte degli altri detenuti non è mai stata delle migliori. Gabriele, al terzo fratello che lo era andato a trovare in carcere, aveva rivelato: Marco sta sempre da solo” , si fa i capelli da solo, cucina da solo, lava da solo, lo chiamano infame. Ci stanno i bravi e ci stanno quelli non bravi”. Stando alle ricostruzioni, un gruppo di detenuti avrebbe sputato addosso ai Bianchi, con sputi finiti anche nei piatti in mensa, mentre altri avrebbero messo un chiodo nel dentifricio.

Ora che i due fratelli, che si sono sempre professati innocenti, bravi ragazzi dediti allo sport, vittime di un processo mediatico, sono da soli, perchè Marco è stato trasferito in un’altra struttura carceraria, le cose potrebbero addirittura peggiorare perché loro due erano l’uno il pilastro dell’altro. Intanto, da Corriere della Sera si apprende che Gabriele, a Rebibbia ha già iniziato un percorso da volontario come “aiuto scrivania spesa”, figura di sostegno all’amministrazione.

Un’immagine che suona lontana rispetto a quella di ragazzi iper tatuati, dallo sguardo rissoso, che ha ucciso, con calci e pugni, in 50 secondi, il povero Willy. E chissà che il carcere non possa servire ad un percorso di crescita interiore e acquisizione della consapevolezza dei propri errori.