Ieri, 4 luglio, è stato il giorno della sentenza sull’omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte. Mentre fuori dal tribunale era issato uno striscione con la foto del povero cuoco massacrato a colpi di calci e pugni in 50 secondi, dentro si stavano decretando le sorti dei 4 imputati per il suo omicidio.
Willy è stato massacrato nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 e ieri, dopo 22 mesi dalla tragedia, dopo essersi riuniti per ore in camera di consiglio, i giudici hanno emesso il loro verdetto. La sentenza, arrivata poco dopo le 13, ha dato l‘ergastolo ai fratelli Bianchi, 23 anni di reclusione a Francesco Belleggia e 21 anni a Mario Picarelli. Inevitabile, durante la lettura, le grida di gioia, miste a lacrime, di tutti i presenti, dai genitori, agli amici di Willy.
Papà Armando, il padre di Willy, ha ritenuto la sentenza giusta, così come i suoi legali, che l’hanno considerata ineccepibile. Di diverso avviso, Massimo Pica, avvocato difensore dei fratelli Bianchi che ha parlato di processo mediatico, di una sentenza che va contro tutti i principi logici, per poi dire: “Leggeremo le motivazioni e poi faremo appello. Siamo senza parole”.
Alle grida di gioia di chi adorava questo ragazzo d’oro, si sono contrapposte sin da subito le urla di Marco e Gabriele Bianchi, da dietro le sbarre del gabbiotto, prima di essere portati via della polizia penitenziaria. Ce l’hanno contro il “traditore” Belleggia, contro chi non ha creduto nella loro innocenza, contro i presunti autori di un processo mediatico (come lo ha definito il loro difensore), contro chi li ha fatti apparire come mostri.
Ora sappiamo la verità: quella maledetta notte in cui Willy è stato massacrato, gli iper tatuati e palestrati fratelli Bianchi sono stati chiamati appositamente, venendo usati come una sorta di “servizio d’ordine” dell’arroganza criminale, per punire il 21enne capoverdiano che aveva osato intervenire per far da paciere in una lite.