La famiglia di Stefano Argentino aveva scritto una lettera di scuse alla famiglia di Sara Campanella la quale, tramite il suo legale, l’avvocato Concetta La Torre, non ha voluto conoscerne il contenuto, ritenendo che sarebbe stato più opportuno “un religioso silenzio”.
Argentino, intanto, detenuto nel penitenziario di Messina per il femminicidio di Sara, avrebbe detto al proprio legale, l’avvocato Giuseppe Cultrera: “Più rifletto, da solo con me stesso, più arrivo a una e una sola conclusione: quel giorno ero fuori di testa”. Queste sono state le prime confessioni del 27enne reo confesso, “tenute a mente e riferite all’avvocato”.
Argentino avrebbe aggiunto: “È da giorni che penso a quello che sta passando la famiglia di Sara per colpa mia, da giorni che penso di chieder loro scusa per ciò che ho fatto, ma so che sono l’ultima persona al mondo che vorrebbero sentire parlare, o di cui vorrebbero leggere. E hanno ragione, come non capirli! Non so come tutto questo sia potuto succedere, non mi so dare una spiegazione, forse non c’è neanche una spiegazione, quantomeno razionale. Più rifletto, da solo con me stesso, più arrivo a una e una sola conclusione: quel giorno ero fuori di testa. Un uomo razionale non può spingersi a tanto”.
L’avvocato Cultrera ha raccolto le parole del suo assistito, che gli ha detto di aver sempre sognato di costruire qualcosa con Sara ma alla fine, ha compiuto il gesto peggiore che si possa rivolgere a una persona, a una donna.” Non riesco a pensare a nulla, non riesco a pensare con lucidità a tutto quello che mi è passato per la testa, agli ultimi atti: qualcosa dentro me non ha funzionato” ha precisato Argentino al suo legale.
Tramite l’avvocato, veniamo a sapere, infine, che Argentino gli ha detto questo: “Il perdono forse non è umano, ed è giusto così, ma spero che almeno Dio, al suo cospetto, mi perdoni quello che una parte di me, la peggiore, ha fatto. Non ho altre parole e so che i miei pensieri non interessano a nessuno perché fuori da queste quattro muro sono e sarò sempre il male, l’omicida”.