“Fate attenzione”. Sinisa Mihajlovic, il monito della sua dottoressa per gli italiani (2 / 2)

Miha, il guerriero, si è dovuto arrendere. Alla fine la malattia ha avuto il sopravvento e, mentre si stanno  tenendo i suoi funerali, a cui hanno preso parte migliaia di persone,  del mondo del calcio, della politica, dell’imprenditoria, e i suoi immancabili tifosi, a parlare è proprio la dottoressa Francesca Bonifazi,  la direttrice del programma Terapie Cellulari Avanzate dell’Irccs Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, che ha avuto in cura il grande campione in questi anni.

La direttrice del programma Terapie Cellulari Avanzate dell’Irccs Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, Francesca Bonifazi, ha dichiarato: “Sinisa io l’ho seguito fino alla fine, per me è stato un paziente perfetto, con una grande personalità e al tempo stesso con la capacità di affidarsi totalmente. Aveva una malattia molto brutta, tra le più aggressive che io abbia mai visto”, per poi proseguire: Il messaggio che ha dato a tutti noi, il suo grande insegnamento, è il coraggio di andare avanti. Il coraggio di non aver paura di affrontare qualcosa che non si conosce, di sapersi affidare, di lottare senza temere il dolore. Ha sofferto molto, ma lo ha fatto con grande dignità. E il coraggio lo prendevamo insieme, ce lo davamo reciprocamente”.

Francesca Bonifazi  è stata accanto a Sinisa sin da quando la leucemia lo ha colpito, seguendone il decorso, sino al tragico epilogo, avvenuto venerdì, dopo che le sue condizioni sono drasticamente peggiorate. La dottoressa ha aggiunto: “Pur di vivere avrebbe affrontato qualsiasi dolore, qualsiasi sofferenza. Non voleva lasciare la sua famiglia, che amava sopra ogni altra cosa. Il calcio era il suo mondo, certo ma la sua famiglia era il suo ossigeno”.

La dottoressa ha concluso con  delle parole che sono un pugno al cuore: “Per me oggi è morto non solo un paziente, ma anche un amico. Io dico sempre che la malattia più brutta è quella che si affronta da soli. Il suo male era cattivo, resistente a tutte le terapie, ai trapianti, però ha avuto attorno una serie di relazioni di affetto per cui non è mai stato solo. In ospedale si è fatto ben volere da tutti, non c’è una sola persona dai medici agli infermieri agli ausiliari al personale tecnico. Gli hanno voluto tutti molto bene”.

L’invito della Bonifazi è lampante: l’importanza del ruolo degli affetti per i malati oncologici e per i malati in genere. Sinisa è riuscito ad andare avanti, anche nei periodi più bui della malattia (che alla fine ha avuto la meglio, purtroppo), grazie alla rete di affetti sinceri che gli sono stati accanto e gli hanno trasmesso la forza e un motivo enorme per uscirne. Sappiamo com’è andata. Con lui il destino è stato spietato ma per il grande campione l’amore veniva al di sopra di ogni cosa.