Elena del Pozzo, parlano gli inquirenti: la piccola ha lottato fino alla fine (2 / 2)

Sulla base di queste dichiarazioni, gli inquirenti, in tutti questi giorni, perché il tempo sta passando inesorabile, si sono fatti delle idee ben precise. Elena, lo ricordo, non c’è più e nessuno ce la dirà indietro, lasciando un padre orfano dell’amore più grande della sua vita. Gli inquirenti sono convinti che “Elena sia stata vittima di un preordinato gesto criminoso, meditato e studiato dalla madre“.

La Patti si era già procurata tutto l’occorrente per farla fuori e seppellirla: gli attrezzi per scavare la buca, un coltello, 5 sacchi neri della spazzatura, per poi condurre un “lucido depistaggio“. Un piano studiato passo per passo, premeditato, secondo loro, per condannare la figlia ad una morte lenta e straziante. La piccola Elena Del Pozzo, aggiungono, avrebbe tentato di opporsi e di salvarsi.

Nelle 15 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, scritte dal Gip, è riportato che la 23enne reo confessa  “ha inferto più colpi di arma da punta e da taglio alla piccola Elena, che è stata vittima di una morte violenta particolarmente cruenta e probabilmente anche lenta, alla quale è anche verosimile ritenere, in mancanza di emergenze di segno difforme, che abbia in qualche modo e anche solo istintivamente tentato di opporsi e sfuggire”.

Ma quello scricciolo indifeso, che avrebbe compiuto 5 anni il 12 luglio, non è riuscita a fare nulla contro la determinazione della madre di ucciderla. Il giudice, in maniera netta, ha sottolineato che “Martina Patti voleva uccidere e si era rappresentata l’evento morte come unica conseguenza al suo gesto premeditato”,  ritenendo che l’indagata fosse in condizioni fisiche e psichiche idonee ad agire.

Nonostante i tanti “non ricordo” disseminati per i suoi interrogatori, il gip è convinto della sua estrema lucidità quando ha commesso l’omicidio e ne ha occultato il corpo e che abbia premeditato il tutto prima di andare a prendere Elena, con un’ora d’anticipo, dall’asilo.