Elena del Pozzo, nuovi agghiaccianti dettagli: il racconto choc (2 / 2)

Gli inquirenti aggiungono che il racconto è un’ulteriore conferma della premeditazione del gesto, definendo la Patti come una donna “lucida e calcolatrice”. Elena Del Pozzo, questa splendida bambina curiosissima, allegra, vivace, non doveva visitare nessun posto ma solo andare incontro alla morte per mano di colei che l’ha messa al mondo.

Nel bagagliaio della Fiat 500, la Patti aveva già portato con sé un coltello, la pala, una zappa e 5 sacchi neri della spazzatura. Sul corpicino della figlia ha infierito barbaramente e poi l’ha seppellita, coprendola con la cera lavica dell’Etna e del terreno, prima di rientrare nella sua villetta, lavarsi, togliersi di dosso gli indumenti usati durante la commissione del figlicidio e inscenare il finto rapimento da parte dei famosi 3 uomini incappucciati, di cui uno armato.

Secondo l’esame autoptico, effettuato dal medico legale Ragazzi presso l’obitorio dell’ospedale Cannizzaro, la Patti “ha inferto più colpi d’arma da punta e taglio alla figlia” ma la donna dice di non ricordare il momento esatto in cui l’ha uccisa. “Ho portato Elena in questo campo e le ho fatto del male e non ricordo altro perché ero girata e non volevo guardare” ha spiegato, aggiungendo: “Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato”. 

La 23enne non ricorda nulla nemmeno del punto esatto in cui si è liberata dell’ arma del delitto che non è stata ancora ritrovata, nonostante i Ris, sabato pomeriggio, con l’ausilio di droni, abbiano  passato palmo a palmo tutto il campo incolto dove è stata rinvenuta Elena. E qui emergono nuovi dettagli agghiaccianti: “Avevo una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l’ho preso, non so perché ce l’avevo” ha riferito, e poi ancora “non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io. Quando sono andata al campo avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire di casa”.

Il Gip di Catania, Daniela Monaco Crea, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere,  ha scritto che tutti i comportamenti della Patti denotano come  la donna, in tutte le fasi dell’omicidio “deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà”, trovandosi “in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire”. Per supportare la sua tesi, il gip ha sottolineato come la mamma killer di Mascalucia abbia inscenato il rapimento con estrema lucidità, senza manifestare segni di ravvedimento e pentimento. Tutti questi elementi, conclude il gip, denotano “una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza”.