Elena Cecchettin, sorella di Giulia, che abbiamo visto stretta in un fortissimo abbraccio col padre, nel giorno della fiaccolata per ricordare Giulia, oggi, subito dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’assise di Venezia ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta, seppur riconoscendogli solo la premeditazione, ha rotto il silenzio, affidando ai social il suo sfogo che, peraltro, invita ad una profonda e doverosa riflessione.
L’aggravante della crudeltà, nonostante le 75 coltellate che Turetta ha inferto alla sua ex fidanzata, secondo i giudici non c’è. Proprio questo è il punto più controverso, quello che sta suscitando un’ondata pazzesca di indignazione in tutti coloro che stanno seguendo il caso Cecchettin. Elena, in una toccante storia, postata su Instagram, ha commentato le motivazioni della condanna, scrivendo che una sentenza così, è pericolosa e segna una precedente, in questo momento storico, precisando: “Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia, che doveva essere l’ultima, sono solo parole al vento”.
Elena, come un fiume in piena, ha chiosato con queste parole che riprendiamo da fanpage.it nella loro interezza: “Si, fa la differenza riconoscere le attenuanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno. Ma molto prima e significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori. Sapete cosa ha tolto la vita mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione del menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”. Il pensiero di Elena è il seguente: come è stato possibile che i giudici abbiano condannato Turetta all’ergastolo, dicendo no all’isolamento diurno, per il fatto che le 75 coltellate inferte a Giulia sono, per loro, conseguenza dell’ inesperienza e dell’inabilità dell’imputato e non un modo per continuare ad accanirsi sul corpo della pover studentessa?
Questo è il passaggio che, più di tutti, ha indignato Elena Cecchettin. Ricordiamo che i giudici hanno accolto solo il primo capo d’accusa, ossia delitto aggravato dalla premeditazione, escludendo la crudeltà e lo stalking . L’esclusione della crudeltà, nella lettura della sentenza, da parte del presidente Stefano Manduzio, è il passaggio più controverso.
Per la corte, la dinamica del femminicidio di Giulia non permette di desumere con certezza che Turetta voleva infliggere alla ragazza sofferenze gratuite e aggiuntive, così come anche il terzo capo d’accusa viene respinto, in quanto i fatti si sono consumati non troppo distanti dalla fine della relazione intrattenuta con la studentessa.