“È morto”. Matteo Messina Denaro, la notizia improvvisa sulla morte (2 / 2)

Nessuno se lo aspettava, eppure Francesco Geraci, ex collaboratore di giustizia, è morto a soli 59 anni. Il “gioielliere di Castelvetrano”, amico d’infanzia di Matteo Messina Denaro e suo più fido collaboratore all’epoca delle stragi, è deceduto in una clinica milanese dove stava cercando di curarsi per un tumore al colon, la stessa patologia dell’ex latitante, catturato poche settimane fa.

Dopo l’arresto nel 1994 è diventato collaboratore di giustizia. Geraci ha rivelato agli investigatori particolari e retroscena della stagione delle stragi e, pur non essendo formalmente affiliato a Cosa nostra, è stato, senza ombra di dubbio, uno dei più fedeli collaboratori di Messina Denaro. Difatti, in un’udienza di qualche anno fa, disse: “Con Messina Denaro Matteo ci conosciamo dall’infanzia perché giocavamo assieme da piccolini. Abita vicino casa mia, in linea d’aria saranno un 200 metri”.

Insomma, non un membro di Cosa Nostra ma comunque uno che era divenuto famoso per aver nascosto gli oggetti preziosi di Totò Riina a Castelvetrano. Parliamo di collier, orecchini, crocifissi tempestati di brillanti, diamanti, sterline e lingotti d’oro per un valore di oltre 2 miliardi di lire.

Francesco Geraci e Matteo Messina Denaro si sarebbero divisi quando Geraci aveva 15 anni, sino a riavvicinarsi quando qualcuno chiese al gioielliere il pizzo e lui chiese aiuto proprio al suo maestro, Messina Denaro, diventando, da allora, un suo uomo di fiducia. Geraci, per chi non lo sapesse, è stato tra gli uomini più fidati di Matteo Messina Denaro scelti per partecipare alla missione romana voluta da Totò Riina per eliminare Giovanni Falcone.
Geraci viene citato anche durante il processo ad Antonio D’Alì, ex senatore di Forza Italia ed ex sottosegretario agli Interni. Secondo l’accusa un terreno di proprietà del politico, in contrada Zangara, a Castelvetrano, venne venduto proprio a Geraci, che però agiva da prestanome di Messina Denaro. Quella vendita sarebbe servita per favorire la mafia a riciclare 300 milioni delle vecchie lire. Non un uomo d’onore ma è come se lo fosse stato, insomma. Ecco perché la notizia della sua morte rimbomba forte, a distanza di pochi giorni dall’arresto di Messina Denaro.