
Le condizioni di Gianni Di Vita restano sotto stretta osservazione, ma il quadro clinico appare rassicurante. Ricoverato nel reparto di Rianimazione dell’istituto Spallanzani di Roma, l’uomo è vigile e stabile. È questa, al momento, l’unica informazione ufficiale diffusa dall’ospedale.
Nessuna indicazione, invece, sull’origine della grave intossicazione che tra il 27 e il 28 dicembre ha provocato la morte della moglie, Antonella Di Ielsi, 50 anni, e della figlia Sara, di appena 15 anni, decedute all’ospedale Cardarelli di Campobasso. Sul fronte investigativo, la situazione resta complessa.
Le analisi cliniche e tossicologiche sono tuttora in corso e procedono senza una pista privilegiata. Gli accertamenti sono stati estesi a più ambiti e avanzano per esclusione. Secondo prime indiscrezioni, sarebbe stata esclusa la contaminazione da botulino, ma si tratta di risultati non ancora definitivi. Attenzione anche sugli esami effettuati sulla figlia maggiore di Di Vita, l’unica della famiglia a non aver manifestato sintomi, sebbene presenti un lieve ingrossamento epatico ancora da interpretare.

Un ruolo centrale potrebbe essere giocato dagli alimenti sequestrati nell’abitazione: avanzi di cibo, prodotti conservati in frigorifero e nella dispensa sono ora al vaglio dei laboratori. Il fatto che la ragazza asintomatica non abbia accusato malesseri rafforza l’ipotesi che non abbia consumato il pasto sospetto, ma al momento si resta nel campo delle congetture.
Tutte le possibilità restano aperte: dall’ingestione di funghi o pesce contaminato, fino a una possibile contaminazione accidentale di farine con sostanze tossiche. Tra le piste emerse figura anche una disinfestazione effettuata mesi fa in un mulino confinante con l’abitazione della famiglia, di proprietà di un parente. Un’ipotesi ritenuta però poco probabile dagli inquirenti. Parallelamente prosegue l’inchiesta sul fronte sanitario. Cinque medici — tre del Cardarelli e due della guardia medica — risultano indagati per le visite effettuate nei giorni precedenti al decesso. La Procura intende chiarire se vi siano state omissioni, errori diagnostici o sottovalutazioni del quadro clinico.