
Il confronto bellico tra Russia e Ucraina ha vissuto nella mattina del 30 ottobre un nuovo serio episodio, capace di scuotere gli equilibri e seminare ulteriore inquietudine su scala globale. Una violenta sortita russo ha colpito diverse centrali energetiche ucraine, provocando blackout diffusi e lasciando migliaia di cittadini senza elettricità.
Secondo quanto riportato dalle autorità di Kiev, l’azione è stata caratterizzata da un bombardamento massiccio con oltre 650 droni e più di 50 missili, una delle offensive più massicce dal principio del confronto militare. Nel raid hanno perso la vita almeno tre persone e sono state registrate oltre venti contusi, tra cui numerosi bambini; a Zaporizhzhia undici persone sono rimaste coinvolte, sei delle quali minori di sei anni.
Gli impianti energetici danneggiati e la manomissione di dormitori e abitazioni private testimoniano l’intensità della sortita sugli infrastrutture civili. Le conseguenze di questa deflagrazione si sono fatte sentire non solo all’interno dei confini ucraini, ma anche nei paesi limitrofi: in Polonia, per esempio, sono stati chiusi temporaneamente gli aeroporti di Lublino e Radom a causa del decollo di aerei militari in risposta alle sortite missilistiche. L’esercito polacco, insieme agli alleati NATO, ha monitorato i confini per scongiurare possibili escalation della situazione e garantire la sicurezza della regione.
Questo evento conferma la crescente tensione che coinvolge non solo direttamente Russia e Ucraina, ma tutto il blocco europeo e nordatlantico, le cui infrastrutture e linee di difesa vengono costantemente testate dagli sviluppi bellici. Al centro delle preoccupazioni internazionali ci sono anche le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, che ha annunciato il successo nei test del nuovo sottomarino nucleare senza pilota Poseidon. Questa soluzione bellica, secondo fonti militari russe, sarebbe in grado di provocare onde radioattive oceaniche e causare danni catastrofici alle città costiere. Lo stesso Putin ha aumentato la pressione su Kiev, rivendicando l’accerchiamento delle forze ucraine in due città strategiche (Kupiansk e Pokrovsk) e invitando la leadership ucraina alla resa.
Tuttavia, le autorità di Kiev hanno smentito tali affermazioni, ritenendole frutto di propaganda, e continuano a ribadire la ferma volontà di difendere le proprie posizioni. Dall’altra parte, il presidente ucraino Zelensky ha chiesto nuove sanzioni e una pressione ancora maggiore su Mosca, rivolgendosi agli Stati Uniti, all’Europa e al G7 affinché non si ignori l’intenzione russa di manomettere il tessuto socioeconomico dell’Ucraina. Nel discorso serale, Zelensky ha sottolineato la necessità di una risposta rapida e solida in termini di aiuti militari, finanziari e tecnologici, ma anche di sostegno morale per la popolazione sottoposta a continui sopprusi e privazioni.
Quello di stamani. comunque, è solo l’ultimo episodio del genere che rientra nel contesto dell'”operazione speciale” condotta dalla Russia sul territorio ucraino. L’8 ottobre scorso, infatti, un’altra sortita di Mosca ha visto il coinvolgimento diretto di altre infrastrutture energetiche critiche. Nella mattinata di quel giorno, una delle centrali nucleari gestite dalla compagnia ucraina Dtek era stata attenzionata militarmente, subendo danni significativi e causando la contusione di due operai che hanno ricevuto immediata assistenza medica. L’azienda ha reso noto che i lavori di riparazione sono già in corso, ma non ha specificato quale centrale termoelettrica sia stata interessata, sottolineando comunque che, dall’inizio dei contrasti, le strutture Dtek sono state colpite più di 200 volte. Questo episodio evidenzia quanto le infrastrutture civili e strategiche ucraine continuino a essere al centro della contesa, mettendo a dura prova la capacità di risposta del Paese e la sicurezza del personale operativo.