Secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale la sera in cui molto probabilmente è stata colpita Cinzia era ubriaca e sotto l’effetto di sostanze. Lo testimonia un video ripreso dalle telecamere di videosorveglianza.
In quei frangente la donna cammina barcollando, una macchina le si è avvicina e lei ci sale dentro. Gli inquirenti tramite il filmato annotano il numero di targa che risale proprio alla vettura intestata a Ragnetta.
Parte quindi immediatamente la sorveglianza dell’indagato, i Carabinieri gli stanno sopra fino a quando appunto non lo fermano con l’accusa di delitto. Un passo indietro: Ragnetta avrebbe anche tentato la fuga a bordo di una imbarcazione ed è stata tempestivamente fermato dalla Capitaneria di Porto.
Dopo oltre 4 ore di interrogatorio l’uomo ha confessato di aver tolto la vita a Cinzia. Ragnedda l’avrebbe prima colpita e poi le ha tolto la vita con diversi colpi di rivoltella. Anche se resta da capire il perché: l’imprenditore avrebbe parlato di un diverbio poi degenerato. “Ho dovuto difendermi”- ha detto agli inquirenti.
Dopo aver confessato il femminicidio di Cinzia Pinna, Emanuela Ragnedda ha accompagnato i carabinieri nel luogo dove aveva nascosto il corpo esanime della donna. Aveva gettato il corpo in un terreno della sua tenuta, in un punto tra una radura e una roccia e coperto tutto con delle sterpaglie. Da quanto appreso dai media Cinzia avrebbe emesso delle urla prima del decesso.
Per l’occultamento del corpo egli aveva anche riferito di essersi avvalso della collaborazione di un amico una circostanza poi smentita da lui stesso, la persona messa in mezzo da Ragnetta si è difeso tramite i suoi avvocati.