Sabrina Misseri si trova rinchiusa nel carcere di Taranto, dopo essere ritenuta colpevole dell’omicidio della cugina Sarah per tre gradi di giudizio. Una morte orribile quella della 15enne, uccisa e gettata in un pozzo nella campagna di Avetrana (Taranto) il 26 agosto 2010. Sabrina Misseri ha fatto ricorso in Cassazione contro l’ordinanza con la quale, il 12 aprile 2021, il Tribunale di Sorveglianza di Taranto aveva condiviso la decisione del magistrato competente di non concederle il permesso premio.
I giudici con la stola di ermellino di Piazza Cavour hanno confermato il diniego del permesso premio per la Misseri, corresponsabile dell’omicidio di Sarah Scazzi, assieme alla madre Cosima Serrano. Ma per quale motivo la Cassazione è giunta a negare il permesso premio? Perché, a detta dei giudici, nel caso di Sabrina sarebbe mancata una “rivisitazione critica del suo pregresso comportamento deviante”.
In parole più semplici: Sabrina non ha mai ammesso il delitto e, pur non essendoci voci in procedura che considerino questa voce una scriminante applicabile, il fatto che lei non lo abbia fatto la qualifica come “socialmente pericolosa”, quindi non può abbandonare la detenzione.
Secondo la difesa della 32enne Misseri, nella decisione non si è tenuto conto del “positivo percorso penitenziario” compiuto dalla loro assistita, evidenziando il fatto che lei “rifiuta di assumersi la responsabilità dell’omicidio per il quale è stata condannata, un comportamento che non può essere valorizzato per rigettare il permesso premio, istituto finalizzato al favorire il reinserimento sociale”.
I legali di Sabrina ritengono che la sua scelta di non assumersi la responsabilità dell’omicidio della cugina sia “legittima”, rivelando, d’altra parte, che “la condannata ha proposto ricorso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo e intende proporre istanza di revisione della condanna”. Ad oggi, lo ricordiamo, il movente dell’omicidio è correlato alla gelosia e all’astio nutrito dalla Misseri nei confronti di Sarah.