Caso Liliana Resinovich, la scoperta choc dopo la morte: è stata con… (2 / 2)

Come rende noto Fanpage.it, il professore Vittorio Fineschi dell’Università di Roma “La Sapienza” che, insieme al dottore Stefano D’Errico dell’Università degli Studi di Trieste, è stato incaricato dalla famiglia di Liliana Resinovich di effettuare una consulenza tecnica volta riesaminare i risultati dell’indagine sulla morte della 63enne che hanno spinto la Procura di Trieste a chiedere l’archiviazione del caso, ha dichiarato: “Il cadavere di Liliana è stata occultato, sicuramente in un ambiente protetto e chiuso, e non all’aperto. L’ipotesi del congelamento è stato esclusa dalla Procura ma non si sa perché: dire che non ci sono prove che sia stato un omicidio non basta a dire che sia un suicidio”. 

In parole più semplici, il consulente della famiglia della 63enne triestina ritiene che l’assenza del ritrovamento di prove a conferma dell’omicidio, non vuol dire che Liliana si sia suicidata. Fineschi, peraltro, ha fatto notare come l’ipotesi del congelamento del corpo della Resinovich dopo la morte sia stata esclusiva senza un riscontro scientifico.

Riprendo le testuali parole del consulente, riportate da Fanpage.it: “Non si può scartare l’ipotesi che il corpo sia stato congelato e in questo senso non sono state fatte le indagini giuste, come analisi o esami specifici atti a individuare segni di congelamento I risultati emersi da un’analisi che abbiamo fatto fare a un’esperta di radiologia forense non fanno che accrescere i dubbi sul fatto che forse il cadavere abbia avuto un periodo di soggiorno in ambiente controllato”.

Fineschi sostiene che non si possa escludere che il cadavere della povera Lilly sia stato mantenuto per lungo tempo a temperature controllate e molto basse, senza sbalzi termici, come una cella frigorifera o un’ambiente naturale come una grotta o una foiba.  Tra gli elementi trascurati, a detta del consulente, l’ora esatta della morte. Il decesso di Liliana viene stabilito sulla base dell’esame Tac effettuato tre giorni dopo il ritrovamento del cadavere, per cui “il dato delle 48/64 ore come data della morte rispetto al ritrovamento del cadavere non è quindi affatto solido”.

Peraltro, a detta dell’esperto, il 5 gennaio, data del ritrovamento del cadavere, la temperatura non è stata rilevata come andava fatto. L’esame autoptico è stato effettuato l’11 gennaio, dunque sei giorni dopo il ritrovamento del cadavere della 63enne triestina. “ Il corpo di Lilly è stato conservato a una temperatura controllata, ma superiore ai 12 gradi, che consente lo sviluppo di fenomeni putrefattivi, questo ci porta a dire che l’epoca della morte è tutta da interpretare”, ha chiosato Fineschi, come riportato da Fanpage.it. Basterà tutto questo ad evitare l’archiviazione chiesta dalla Procura e a rivedere tutto il caso? La morte di Liliana continua ad essere un giallo.