Caso Liliana Resinovich, la decisione degli inquirenti poco fa (2 / 2)

Gli uomini della Squadra mobile di Trieste, in esecuzione delle disposizioni del gip Luigi Dainotti, contenute nell’ordinanza di approfondimento delle indagini sul caso della 63enne triestina, hanno provveduto al sequestro dei telefoni cellulari di Sebastiano Visintin e di Claudio Sterpin, ossia del marito e di quello che è stato definito spesso come l’amico di Liliana Resinovic.

E’ stato il quotidiano locale Il Piccolo, a riportare la notizia, poi ripresa da diverse testate nazionali, precisando che il procuratore capo, Antonio De Nicolo, avrebbe già individuato il professionista che avrà il compito di effettuare la nuova perizia medico-legale. Sarà, quindi, rimessa a quest’ultimo, la decisione in merito all’ eventuale riesumazione del corpo della Resinovich.

Va precisato che la polizia aveva già acquisito la copia forense del traffico telefonico delle utenze del marito e dell’amico speciale ma, pur essendo stati intercettati, scrive Il Piccolo, i cellulari dei due uomini non erano mai stati sequestrati. I familiari di Liliana non hanno mai creduto all’ipotesi del gesto estremo della donna, in particolare Sergio Resinovich, il fratello di Liliana, si è sempre battuto, tramite il suo legale, affinché il caso della sorella non venisse archiviato. Il marito di Lilly, Sebastiano, ha fatto altrettanto, affinché si facesse chiarezza su quanto realmente accaduto alla moglie.

Il Gip del Tribunale di Trieste, accogliendo le loro richieste, ha disposto di procedere all’iscrizione per il reato di omicidio volontario a carico di ignoti. Ma c’è dell’altro in quello che è, a tutti gli effetti, ancora un giallo. L’amico speciale Sterpin ha ammesso che si incontrava segretamente con Liliana anche a bordo di un furgone di sua disponibilità, ma anche in una soffitta in via Slataper, una cantina in via Giulia, sede dell’associazione atletica di via Pondares, come riportato da fanpage.it.

A Il piccolo, Sterpin ha dichiarato: “Anche il furgone era una nostra base . Talvolta Lilly e io ci incontravamo anche in quel Volkswagen in via Fianona. Oppure la prendevo con me a bordo e lei si sedeva nel sedile dietro per non farsi vedere. E andavamo in giro. Nella cantina e nella soffitta, invece, portavamo da bere. Era un modo per stare lontani dagli occhi degli altri”. Il giallo di Liliana Resinovich si arricchisce, dunque, di ulteriori aggiornamenti, con la speranza che, per davvero, stavolta, si possa far chiarezza sul suo decesso.