Dopo aver commesso il delitto, il ragazzo ha confessato ai carabinieri come non vi fosse un vero motivo per quanto compiuti, ma semplicemente che si sentiva “un corpo estraneo nella famiglia” e credeva che eliminando fisicamente i familiari si sarebbe liberato dal suo disagio interiore. Dichiarazioni che paiono ovviamente assurde e incredibili, ma che ad una attenta analisi psicologica potrebbero farsi risalire a possibili disturbi.
La psicologa clinica e neuropsicologa Debora Gatto, intervistata da Fanpage.it, ha cercato di delineare un quadro psicologico del giovane. Gatto ha ipotizzato che il ragazzo potesse essere affetto da derealizzazione, un disturbo dissociativo che provoca un senso di irrealtà e distacco dal mondo esterno. La psicologa ha sottolineato che, data la mancanza di informazioni dettagliate sulla storia personale e familiare del giovane, si possono solo fare supposizioni.
Il ragazzo, descritto come intelligente ma fragile, non aveva mai manifestato problemi di nessun tipo. La rabbia e la frustrazione, comuni nell’adolescenza, potrebbero essersi trasformate nel tempo in un’aggressività estrema.
“Purtroppo, il passaggio a un atto così grave e violento è sempre più frequente negli adolescenti. Il delitto dei genitori risulta incomprensibile da un punto di vista sociale e direi anche razionale, poiché è prevista l’eliminazione diretta di chi ti ha donato la vita. Il motore di questo grave atto nell’adolescente è certamente in primis il senso di frustrazione, la necessità impellente di liberarsi dal “vincolo” familiare, lo sfogo della rabbia, il desiderio di appropriarsi di una propria autonomia e identità”, ha dichiarato la psicologa.
Il fatto che il ragazzo abbia inferito sul fratellino potrebbe suggerire una rivalità o conflittualità tra i due, ma è ancora presto per trarre conclusioni definitive. Inoltre, la coincidenza con il recente compleanno del padre potrebbe avere avuto un ruolo nell’evento, anche se le motivazioni reali verranno chiarite solo al termine delle indagini.