Chi ha dovuto fare i conti con una neoplasia sa bene come non sia affatto facile tornare alla vita di tutti i giorni. Anche dopo essere guariti, per la società civile si è considerati a rischio, ed ecco che diventa molto complicato accedere ai più banali diritti. Come noto, Carolina Marconi conduce da anni, da ex malata oncologica, questa lotta sacrosanta.
“Sapete che mi batto da molto tempo per la legge del diritto all’oblio oncologico, ovvero la possibilità per noi, ex malati oncologici di recuperare tutti i nostri diritti… Finalmente è uscita questa legge il 3 di luglio, che è stata approvata alla Camera e deve ancora arrivare al Senato per diventare legge definitiva. Questa legge prevede il recupero dei diritti: dopo 10 anni dalla guarigione ti restituiscono la dignità, riprendi finalmente in mano la tua vita. Ma 10 anni sono troppi”- ha dichiarato l’ex gieffina, non totalmente soddisfatta da questa legge in via di approvazione.
Era da anni che si auspicava questo intervento della politica. La Camera ha dato il via libera alla legge sull’oblio oncologico contro le discriminazioni per chi ha patito questo male. Secondo questa nuova normativa non sarà più considerato paziente oncologico dopo 5 anni per chi ha avuto una neoplasia in età pediatrica, mentre dopo 10 anni per chi lo ha avuto da adulto.
Carollina Marconi ha poi dichiarato di aver ricevuto una telefonata che l’ha turbata profondamente: “Sono stata contattata da questa persona che mi ha chiesto di non pubblicare più nulla sui social per non influenzare la gente, perché la legge deve passare così com’è. Io non ho questo potere, ma nessuno mi può dire di rimanere in silenzio. Mi ha fatto sentire quasi in colpa, dicendomi che, nel caso in cui la legge non venga approvata anche al Senato, come è avvenuto alla Camera, quindi prevedendo i 10 anni, ci vorrà più tempo per l’approvazione, perché la legge dovrà essere sottoposta nuovamente al voto della Camera“.
Tuttavia la Marconi non intende cedere a queste pressioni e continuerà a battersi per ottenere quei diritti sacrosanti. Sono troppi, a suo dire, 10 anni di attesa per un paziente adulto prima di vedersi riconoscere i dovuti diritti.