Carmelo e Laura, le importanti novità sui bambini scomparsi a 9 e 7 anni (2 / 2)

Era il 27 settembre 2014 quando la vita di Rosario Mulone, carabiniere 46enne, e di sua moglie Giovanna Lucchese cambiò per sempre. I loro figli, Carmelo, di 9 anni, e Laura, di soli 7, furono inghiottiti da un “vulcanello” di due metri durante una gita ad Aragona, in Sicilia. Quel giorno, sotto gli occhi impotenti del padre, i due bambini furono travolti da un fenomeno naturale che si trasformò in una trappola tremenda.

Nonostante le urla di aiuto, non ci fu nulla da fare. Laura riaffiorò poco dopo, mentre per il giubbotto e gli occhiali di Carmelo ci vollero sette ore di ricerche. L’area, affidata dal Comune e dalla Regione Sicilia a Legambiente, era stata trasformata in una riserva naturale aperta a gite scolastiche e visite guidate. Ma quella giornata si trasformò in un incubo.

Oltre dieci anni dopo, i familiari dei due bambini devono fare i conti con una nuova, amara verità: dopo le condanne di primo grado a quasi sei anni per due dipendenti di Legambiente, in appello è scattata la prescrizione. «Dopo 10 anni ci dicono che forse è colpa di Comune e Regione se mancavano segnaletica, allarmi, centraline di controllo, steccati. Ma non avendo fatto inchieste giudiziarie prima, quando avrebbero dovuto, scattano le prescrizioni. Diventa inutile pure ricorrere in Cassazione», ha dichiarato Rosario Mulone al Corriere della Sera.

La madre, Giovanna Lucchese, è ancora più furiosa: “Me li hanno uccisi di nuovo, per loro è finita pure la speranza di avere giustizia. È stata pure dissequestrata la riserva. Che fanno, riaprono come se niente fosse? Vogliono che muoia qualche altro bambino?”. Con il cuore spezzato, Giovanna ricorda che oggi i suoi figli avrebbero potuto essere all’università e al liceo.

Durante il processo, i dirigenti di Legambiente avevano accusato la Regione di aver scaricato su di loro le responsabilità. Rosario Mulone ha aggiunto: «Ho poi scoperto che anche i muri sapevano del pericolo, che gli scienziati raccomandavano di non fare arrivare fin lì il pubblico. Ma io ci sono andato perché non c’era un cartello o una staccionata, quei vulcanelli venivano offerti a noi visitatori come un gioco». Oggi, a distanza di anni, la famiglia Mulone si ritrova senza giustizia e con un dolore che non si placa. La prescrizione ha chiuso ogni possibilità di risarcimento morale, lasciando un vuoto incolmabile.