I tre carabinieri deceudti erano uomini esperti, addestrati a gestire situazioni ad altissimo rischio. Piffari, figura di riferimento della SOS, aveva alle spalle una carriera lunga e impeccabile nei reparti mobili. Daprà e Bernardello facevano parte delle API ma per loro non c’è stato scampo.
Per loro non c’è stato scampo, finendo sotto le macerie della deflagrazione compiuta dai tre fratelli Ramponi. Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi , agricoltori e allevatori di Castel d’Azzano, hanno fatto saltare in aria il casolare in via San Martino, che avevano occupato abusivamente e già oggetto di precedenti tentativi di sgombero.
Sono loro che hanno generato la deflagrazione, innescata, a quanto pare, all’apertura della porta d’ingresso da parte delle forze dell’ordine e per questo sono finiti in manette. I tre fratelli Ramponi, sulla sessantina, erano conosciuti in paese per le loro difficoltà economiche e ipoteche. Peraltro, hanno l’aggravamente della recidiva, in quanto già due volte, a ottobre e novembre 2024, hanno saturato di gas la casa, opponendosi all’arrivo dell’ufficiale giudiziario, aprendo bombole di metano.
In una di quelle occasioni, Franco e Maria Luisa erano saliti sul tetto, e solo una lunga mediazione aveva evitato il peggio. Stavolta, invece, quello si temeva è avvenuto per davvero. Il vicesindaco di Castel d’Azzano, Antonello Panuccio, ha spiegato alla stampa che “gli occupanti non volevano lasciare la casa” e che “il sottotetto era saturo di gas” al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, pianificato da giorni.
Per il vicesindaco, i Ramponi “non erano soggetti fragili” bensì persone in età lavorativa “coinvolte in fatti criminosi e sottoposte a un’esecuzione forzata di recupero del credito”, precisando che il Comune “era pronto a offrire una sistemazione temporanea, ma c’era un ordine del giudice da rispettare”.