
L’allarme che suonava silenzioso nel corpo di una delle gemelle aveva un nome preciso: Bradicardia. Si tratta di un’aritmia cardiaca in cui il cuore, in stato di riposo, batte a una frequenza più lenta del normale, tipicamente scendendo sotto i 50-60 battiti per minuto.
Il ritmo rallentato, quasi letargico, del battito può derivare da una degenerazione del sistema elettrico naturale del cuore, in particolare del nodo del seno o delle vie di conduzione che regolano la cadenza. A volte, il fenomeno è fisiologico in atleti allenati, ma in contesti patologici i segnali sono chiari. I sintomi di questa forma patologica sono inequivocabili e possono includere, oltre al capogiro, anche l’affanno (dispnea), profonda fatica, dolore al petto e confusione mentale, talvolta portando allo svenimento (sincope).
È in queste manifestazioni che risiede il vero pericolo. Una bradicardia definita grave e patologica, se non trattata tempestivamente, può innescare complicanze severe, come l’insufficienza renale acuta, una pericolosa caduta della pressione sanguigna e, nello scenario peggiore, l’arresto cardiaco.

La risoluzione, per i casi più gravi, passa attraverso la medicina. Quando la situazione si fa critica, l’unica via per ripristinare un ritmo cardiaco stabile e scongiurare l’arresto è l’impianto di un pacemaker. Solo l’intervento tempestivo di un medico specialista può restituire al cuore la sua bussola e prevenire il peggio.
Anche per questo motivo una delle due gemelle rischiava di restare da sola e quindi anche da questa situazione delicata di salute è dipesa la loro volontà di andarsene insieme.