
Il delitto del piccolo Giovanni, 9 anni, si è consumato proprio dove si sperava di ricostruire un equilibrio minimo: nel cuore della tranquilla Muggia, all’interno di un miniappartamento che avrebbe dovuto sancire un nuovo, sicuro punto d’incontro. Olena, 55 anni, ucraina , ora indagata dalle autorità, gli ha tagliato la gola, cagionandole il decesso . Ora Paolo, il padre del minore deceduto, rompendo il silenzio, si è lasciato andare ad uno straziante, duro sfogo.
Paolo aveva tentato ogni via legale e informale per ottenere protezione. Ai colleghi e nelle aule del Tribunale aveva espresso il timore, riassunto in una frase lapidaria: “Lasciarlo solo con la madre significa condannarlo al decesso”.Aveva insistito sulla pericolosità della donna , e lo aveva messo nero su bianco in un atto giudiziario del 2021, con cui si era già opposto alla richiesta di Olena di stare da sola col figlio, tuonando: «Se succederà qualcosa di agghiacciante, qualcuno dovrà risponderne»
Per facilitare gli incontri, lo stesso Paolo aveva continuato a sostenere economicamente l’ex compagna, versandole 250 euro al mese per l’affitto dell’alloggio. Questo spazio, trovato grazie anche all’aiuto della parrocchia, era la condizione perché il bambino potesse vedere la madre tre volte a settimana.Agli atti c’è anche una minaccia di farla finita, che la donna aveva inviato aigiudici del tribunale civile e agli assistenti sociali del Comune di Muggia, tuonando: «Se non mi date l’affidamento di mio figlio mi butto nel mare e mi annego assieme al bambino”.

Paolo e Olena si separarono quando il piccolo Giovanni aveva 1 anno, per via di una serie di motivazioni: continui litigi, problemi economici e un disagio psichico della donna, sotto farmaci per la schizofrenia e in cura al Centro di salute mentale. La procura sta vagliando tutti quei documenti, corredati anche dalle relazioni dei servizi sociali, mentre indaga per delitto volontario pluriaggravato. Anche perché c’è un precedente: nel giugno del 2023il bambino era finito al pronto soccorso dell’ospedale cittadino con lividi sul collo e a una mascella. Una prognosi confermata anche nel racconto del bambino, perché la mamma aveva provato a strozzarlo.
Paolo , nemmeno due settimane fa, ai colleghi di lavoro del Sincrotrone di Basovizza, aveva manifestato il timore che il figlio potesse essere fatto fuori dalla donna in quanto lasciarlo solo con lei sarebbe significato condannarlo al decesso . Oggi, ogni singolo dettaglio di questa rete di aiuti, accordi e preoccupazioni non ascoltate si concentra sull’unica agghiaccianteconclusione: la morte di Giovanni.Mentre l’inchiesta è in pieno corso, la domanda rimane sospesa, acuita dalla disperazione del padre: se gli appelli erano così chiari e i fatti così evidenti, il bambino di nove anni poteva essere salvato?