Carlo Metelli, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Venezia, ha dichiarato: “Il sonar ha funzionato come uno scandaglio, era giusta l’intuizione degli operatori anche se di solito è più adeguato per bacini d’acqua ristretti. Con questo strumento è stato come mettere al lavoro un paio d’occhi sott’acqua in un contesto complicato come il fondale dell’Adriatico, limaccioso, scuro e torbido. La tecnica ha mostrato i risultati dell’ispezione subacquea attraverso uno schermo e a quel punto tre sommozzatori della squadra si sono immersi nel fondale”
Il sonar impiegato restituisce sagome, forme, intercettandole. Esso è montato su un battello in dotazione ai vigili del fuoco, impiegato per ispezioni particolari e proprio per questo tipo di ricerche.
Il corpo del piccolo Carlo era adagiato sul fondale a circa due metri di profondità, in corrispondenza del pennello in pietra, intorno alle 2:40, e non era incastrato. La tecnologia ha aiutato nel ritrovamento di Carlo Panizzo , a 100 metri dalla riva.
Non èstato intercettato prima, forse perchè si spostato con la corrente. Le acque non sono cristalline , sebbene poco profonde. mentre il mare non era mosso. Tutti lo hanno cercato ed è impossibile non commuoversi nel vedere la catena umana che si è venuta a formare, in men che non si dica.
Le moto d’acqua del 115 hanno cercato Carlo al buio e le ricerche hanno coinvolto anche un velivolo della Capitaneria, l’elicottero del reparto volo della polizia di Venezia. I sommozzatori, a turno, sono stati coordinati dall’ispettore Bruno Musolino, sino al tremendo ritrovamento che ha posto fine ad ogni speranza.