Gli anni passano ma nessuno può dimenticare quanto accaduto, né i sopravvissuti, né i familiari delle 40 persone che hanno perso la vita quel maledetto giorno. La quarta sezione di Cassazione hanno emesso la sentenza per la strage di Avellino, verificatasi il 28 luglio del 2013, quando il bus, precipitando, provocò il decesso di 40 persone.
Il verdetto di appello è stato confermato, per cui la condanna a sei anni per l’ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci, è diventata definitiva; e a breve si costituirà in penitenziario.
Diamo uno sguardo alle altre condanne: sei anni per il direttore generale dell’epoca, Riccardo Mollo, e per i dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna; cinque anni per il dirigente di Aspi Nicola Spadavecchia e per il direttore di tronco di Aspi Paolo Berti; tre anni per Gianluca De Franceschi,dirigente di Aspi e per i due dipendenti Gianni Marrone e Bruno Gerardi; nove anni per il proprietario del bus, Gennaro Lametta, e quattro anni per l’allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli Antonietta Ceriola.
Gli avvocati del proprietario del bus sono amareggiati per la condanna di Gennaro Lametta, ritenendolo innocente e “che paga le colpe di settori deviati della motorizzazione e di chi per trent’anni non ha manutenuto quel tratto di autostrada, perdendo ora, oltre al fratello (che era alla guida del mezzo,ndr), anche la libertà”.
Il Comitato Ricordo vittime Ponte Morandi, invece, ha espresso il pieno apprezzamento per la sentenza di terzo grado del processo per la strage di Avellino, con la conferma delle condanne ai vari imputati, tra i quali Castellucci e Berti. Esso ha aggiunto: “Nessuno potrà restituire le vite spezzate alle proprie famiglie ma la giustizia ha fatto emergere un sistema di manutenzione inefficace, viziato da carenze enormi, incompetenza ,mediocrità il tutto al fine di diminuire le spese in sfregio alle vite umane”.