Alessia Pifferi, quando è tornata a casa la piccola Diana era ancora viva e poi.. (2 / 2)

Mentre la Pifferi si trova nel carcere di San Vittore, con l’accusa di omicidio pluriaggravato, in isolamento e sorvegliata a vista, per paura che possa compiere atti autolesionistici o che le altre detenute possano farle del male, le indagini continuano a ritmo serrato per restituire un briciolo di dignità e verità ad una bambina che non aveva colpe.

Diana è stata abbandonata per 6 lunghi giorni poiché per la madre era un intralcio, un peso, un ostacolo alla sua libertà. Ovviamente è ancora presto per trarre conclusioni ma i medici credono che la bimba sia deceduta il 19 luglio, ossia il giorno precedente al suo ritrovamento. Ma in tutto questo quadro, di per sé agghiacciante, c’è un’altra cosa che fa orrore: Alessia Pifferi, durante quel weekend a Leffe, nell’abitazione nel compagno 58enne, che si è poi trasformato in 6 giorni, si è recata diverse volte a Milano con lui, che di professione fa l’elettricista, e che doveva sbrigare questioni lavorativa.

I due sono tornati a Milano il 18 luglio ma, da quanto dichiarato dall’uomo, la Pifferi gli aveva mentito su dove fosse Diana, dicendogli che era al mare con la nonna e con la zia, scegliendo di non passare da casa, consapevole del fatto che avrebbe potuto trovare morta la figlioletta. Davvero brutale, spietato, il racconto fornito agli inquirenti. Alessia ha scelto di non rovinarsi le giornate con il 58enne, con il quale stava riallacciando i rapporti  e voleva assicurarsi di poter avere un futuro con lui.

Quindi, ha anteposto la sua felicità alla vita della figlia, lasciandola morire di stenti in un lettino da campeggio.  Era speranzosa che quello che le avete lasciato (un biberon di latte) potesse bastare a tenerla in vita. Dai primi risultati dell’esame autoptico, probabilmente Diana il 18 luglio era ancora viva e, se solo lei fosse passata dall’abitazione per darle da mangiare, la bimba forse non sarebbe morta di stenti.

L’avvocato della Pifferi, dopo un colloquio in cella, ha spiegato che la madre assassina non è apparsa lucida (quindi è ancora presto per un colloquio costruttivo) e che non ha ancora compreso ciò che è accaduto e ciò che accadrà. Ha chiesto di andare di Diana, piangendo per la bambina e per il suo compagno, che non le risponde al telefono. Sulla base di tutto questo, i due avvocati difensori della donna, hanno chiesto la perizia di esperti, per capire quale sia stato il percorso nella mente della donna e quali siano stati i suoi punti di vista.