«Sono la sorella di Michele, mio fratello è in fin di vita, sedato all’hospice. Nei giorni scorsi mi ha detto di salutare te e la tua amica giornalista di cui non ricordo il nome». Questo il messaggio, scritto dalla sorella di Michele Valenti, poco prima del suo decesso e quel maledetto giorno è arrivato. Michele si è spento a 55 anni, stroncato da una neoplasia al pancreas, lui che a detta di tutti “Era un picciotto che non poteva finire mai”. Era un uomo imponente, alto 1 metro e 90, in grande sportivo, ecco perché lo chiamavano “u liuni”, sebbene il leone, a causa della patologia che, alla fine, se l’è portato via, era diventato piccolo piccolo.
Tutti lo descrivono un uomo dalla personalità caleidoscopica, un grande amante della vita, un PR e organizzatore di eventi conosciuto da mezza Palermo, frequentatore di locali dai più fighetti ai più spartani, gestiva la gioielleria di famiglia in corso Tukory dove era un punto di riferimento per tutto il quartiere, ma era anche un grande nuotatore e una persona molto spirituale e credente.
Michele era una persona ironica, generosa, affettuosa e sapeva prendersi cura dei suoi nipoti, di sua sorella e dei suoi amici. Amava viaggiare, scrivono sui social, e ogni volta portava dei regalini, come uno zio.
Davide scrive: «Per noi è stato come un secondo padre . Sempre presente e interessato alla nostra vita a quello che facevamo» Il suo fraterno amico Enzo La Deda, su Facebook, lo ha ricordato così : «Sono contento di vedere quanta gente gli ha voluto bene e lo ha stimato, ma adesso si parla di cose serie, alla fine te ne sei andato e non mi hai dato l’opportunità di darti l’ultimo saluto, non hai idea di che vuoto mi hai lasciato dentro, sempre insieme da 30 anni a questa parte, tutta Palermo mi ricorda le nostre risate e le sane follie fatte insieme».
Ha ricordato anche «quanto divertimento, quante cazzate, non avrei dove scappare se volessi scappare dal tuo ricordo, mi hai lasciato solo e neanche posso prendermela con te, neanche una colpa te ne posso dare fratello mio, ti porterò per sempre dentro, così che mi accompagnerai per il resto dei miei giorni e quando la tristezza mi assalirà ti penserò e ricorderò con quale coraggio hai affrontato tutto questo». Quando un giorno gli ha chiesto: «”Michi ma tu hai paura di morire?», lui ha risposto «No, però chi tta diri avutri cinco, reci anni mi l’avissi fatti». Michele era quello che comprava cinque copie, per sostenere un’amica scrittrice, o un sacco di marmellate , fatte da conoscenti, per regalarle ai clienti. Ricordi che continueranno a vivere nei cuori di tutti che scrivono: ” Fai buon viaggio, amico”.