Roma – 64€ per 3 caffè e un cappuccino, turisti chiamano finanzieri – La titolare: “Con noi si paga…” (2 / 2)

Un conto di 64 euro per tre caffè e un cappuccino: è questa la cifra incredibile che due turiste tedesche avrebbero pagato in un bar nel centro di Roma. Lo scontrino, postato sui social dalle stesse turiste, è diventato subito virale, scatenando un’ondata di polemiche. La data e il totale ben visibili hanno alimentato lo sconcerto e l’indignazione tra gli utenti, che non riuscivano a credere a quanto letto.

Le due turiste, dopo aver ricevuto lo scontrino, hanno deciso di condividere la loro esperienza sui social, attirando immediatamente l’attenzione di migliaia di persone. L’episodio ha sollevato interrogativi sul prezzo delle consumazioni nelle aree turistiche di Roma, e molti si sono chiesti se non si trattasse di un caso di “trappola per turisti“.

Lo scontrino è stato oggetto di discussione, con numerosi commenti che esprimevano solidarietà alle turiste e critiche verso il bar. La titolare del bar, però, non è rimasta in silenzio. In un’intervista, ha difeso il prezzo praticato, sottolineando che il menù del locale è chiaro e visibile a tutti i clienti. “Per pagare quella cifra, hanno letto prima il menù,” ha dichiarato, aggiungendo che se le turiste non avessero controllato i prezzi, la responsabilità non può essere attribuita alla sua attività.

Secondo la titolare, il prezzo riflette non solo la qualità del servizio, ma anche la posizione privilegiata del locale. Nonostante la spiegazione fornita, il dibattito non si è placato. Molti utenti hanno continuato a criticare il bar, accusandolo di sfruttare la sua posizione turistica per applicare prezzi eccessivi.

D’altro canto, alcuni hanno difeso la titolare, sostenendo che chiunque avrebbe dovuto leggere il menù prima di ordinare e che i prezzi nelle aree turistiche tendono ad essere più alti. Questo episodio ha riacceso la discussione su quanto sia giusto pagare per una consumazione in una città come Roma, soprattutto in aree fortemente frequentate dai turisti. Se da un lato la trasparenza dei prezzi è un obbligo, dall’altro resta il quesito su quanto sia equo far pagare cifre così elevate per dei semplici caffè e cappuccini.