Hikikomori: il popolo silenzioso dei reclusi in casa. Boom anche in Italia (2 / 3)

A poco a poco, iniziano a rifiutare il contatto con tutti, dalla famiglia agli amici, ai compagni di classe“, spiega Marco Crepaldi, uno studioso che dapprima ha iniziato a studiare il fenomeno ed è ora il principale esperto in Italia.

Crepaldi ha fondato un gruppo nazionale Facebook chiamato “Hikikomori Italia“, che è stato trasformato in gruppi locali più piccoli che i genitori di Hikikomori possono anche sottoscrivere per scambiare esperienze e confrontarsi e aiutarsi a vicenda. Uscire richiede il sostegno di tutti, i genitori prima di tutto. Una cosa che sappiamo, tuttavia, è che né la psichiatria né la psicologia hanno una serie di risposte per avvicinarsi o affrontarla.

 

Ritmi di vita invertiti

Le persone in questi gruppi si sostengono a vicenda perché essere un Hikikomori non è una malattia che puoi curare con qualche medicina raffinata in laboratorio.

Per avere un’idea migliore di come appare il loro mondo interiore, è utile leggere i commenti pubblicati sui forum di Hikikomori Italia. Un utente ha recentemente condiviso la seguente storia: “Il mio nome è Aldo. Ho 21 anni. Oggi l’apatia è ciò che governa i miei giorni. Non c’è niente che mi ecciti o mi spinga a fare qualcosa. Resto spesso a letto e mi alzo solo per andare a mangiare o andare in bagno. I miei ritmi di vita sono invertiti: sono sveglio di notte e dormo durante il giorno. Anche se razionalmente so che ho torto, non posso fare nient’altro, né voglio farlo.

A volte mi covo nel panico, pensando ai sacrifici della madre, costretto a testimoniare la mia incapacità di fare qualcosa per il mio futuro. Ma questo panico nasce dalla mia consapevolezza di “sentirmi bene” come questo, nonostante tutto. Nemmeno la mia colpa può far muovere le mie marce per cambiare“. Vincenzo Villari, docente presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Torino, e direttore del Servizio psichiatrico della Città della Salute di Torino, spiega: “Il fenomeno Hikikomori è un esempio di psichiatria che a volte riconosce i suoi limiti. Perché ad oggi non è chiaro se questo sia o non sia, un vero disturbo psichiatrico”.

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