Lasci piangere il tuo bambino? Sei sicura che sia la cosa migliore per lui e per il vostro rapporto? Nel 1999 venne pubblicato un libro che divenne presto un metro di misura tra mamme “troppo buone” e “mamma severe”.
Il titolo dell’opera era “Fate la nanna” e si trattava di un libro che illustrava un metodo studiato dal pediatra catalano Eduard Estivill, e che trattava il problema dei bambini che piangono.
In particolare il dottor Estivill mirava la sua analisi sui bambini che si svegliavano puntualmente di notte, anche più volte in poche ore. La tecnica illustrata prevedeva che il genitore, prima di avvicinarsi al bebè disperato, dovesse attendere da un minimo di un minuto, la prima sera, fino ad arrivare a 15-20 minuti nel giro di una settimana.
Molte mamme, che hanno provato questo sistema, si sono ritenute soddisfatte sebbene abbiamo avuto numerose difficoltà nel rimanere ferme nell’ascoltare il piccolo disperato. Per questo stesso motivo, molti altri genitori hanno bocciato senza mezzi termine il metodo Estivill: hanno riferito di sentirsi sopraffatti dal dolore espresso dal bambino.
Fin da subito il metodo di “Fate la nanna” è stato etichettato come pericoloso da molti specialisti che hanno visto in questa tecnica un ostacolo per la salute mentale del bambino. Infatti, il rischio maggiore è che il piccolo sia sottoposto ad uno stress troppo forte per il suo sviluppo psichico e che si rischi di ottenere più effetti negativi che positivi.
In realtà i pediatri hanno evidenziato numerosi aspetti controproducenti che potrebbero ripercuotesi fino all’età adulta del bambino. In più, a minare la struttura stessa del metodo, c’è un fattore oggettivo non indifferente: i bambini non sono in grado di determinare un intervallo di tempo, perciò aver pianto un minuto o dieci per loro è ugualmente traumatico, pertanto privo di effetti positivi.
Le conseguenze fisiche di un pianto prolungato e senza consolazione sono davvero sconcertanti tanto, come giĂ accennato, da influenzare la vita del futuro adulto. Quando un bimbo piange senza essere consolato il suo livello di stress psicologico aumenta in funzione anche del fatto che, il bisogno per il quale piange, non viene soddisfatto. Infatti, dobbiamo ricordare che un neonato dipende totalmente dai genitori e, pertanto, venire ignorato crea un senso di impotenza ingestibile.
Gli ormoni dello stress che innondano un neonato inconsolato possono incidere negativamente sulla buona crescita dell’individuo e sulla sua capacità di apprendimento. Secondo alcuni ricercatori tedeschi, i bebè lasciati piangere disperatamente possono apprendere un meccanismo di difesa che consiste nell’attivare il cervello per “un piano d’emergenza” che simula la morte.
I medici fanno notare che i bambini hanno bisogno di contatto fisico, presenza e rassicurazione e, pertanto, lasciarli soli a piangere può essere un atto molto infelice. Abbracciarsi e coccolarsi è un atto splendido che instaura un legame profondo e indissolubile tra bambino e genitori…perché privarsene?