Alessia Pifferi, è successo pochi minuti fa. La brutta notizia dal carcere (2 / 2)

La Pifferi è uscita di casa, ha chiuso la porta del monolocale in cui viveva in via Panarea, con trolley al seguito, dopo aver lasciato in un lettino da campeggio la figlioletta, con accanto un biberon pieno di latte. Si è fatta la sua vacanza spensierata e, al ritorno, come aveva previsto, ha rinvenuto il corpo senza vita della piccola martire che è morta di stenti, disidratata e forse sedata con psicofarmaci.

Si, perché non è stata trovata alcuna traccia di tachipirina per calmare i dolori ai dentini che stavano spuntando, bensì una boccetta di En, di benzodiazepine, probabilmente utili a tenerla buona e tranquilla, a non dimenarsi perché provata dalla fame. Ma perché ha compiuto un gesto simile? Lo ha rivelato l’assassina stessa, davanti al gip e al suo legale, Raffaella Brambilla, nell’interrogatorio di convalida del fermo che si è tenuto nel primo pomeriggio di ieri, venerdì 22 luglio, nel carcere milanese di San Vittore, dove la Pifferi è detenuta da mercoledì scorso.

Voleva la sua libertà. Voleva liberarsi della figlia perché considerata un peso. Una straziante cruda realtà, per la quale è in cella con l’accusa di omicidio volontario aggravato da futili motivi, oltre al fatto che le è stata contestata la premeditazione.  Quando lunedì scorso è rientrata a Milano con il suo compagno per alcuni affari, non è nemmeno passata da casa.  Ovviamente per far fronte a molte domande, riguardanti la morte della piccola, sarà decisiva l’autopsia, oltre alle analisi delle tracce di latte rimaste nel biberon, utili ad accertare se contengano psicofarmaci. Riguardo alla boccetta di En, la donna ha dichiarato che appartenevano ad un suo precedente compagno.

Quel che attualmente si sa è che la Pifferi ha partorito Diana nella casa di Leffe, dal suo attuale compagno, rivelando agli inquirenti di non sapere di essere incinta e di non conoscere il padre della piccola. Dopo il parto, l’assassina e il suo attuale compagno si erano distaccati, fino al riavvicinamento, avvenuto qualche mese fa e alla sua andata a Leffe per 6 giorni. La Pifferi al suo compagno ha detto che Diana era al mare con la sorella, mentre a sua madre, che la bimba era con lei a Milano e che sarebbero tornate in giornata.

In tutto questo racconto dell’orrore, c’è un dubbio: possibile che nessun vicino abbia sentito gridare, piangere la povera bambina? Come è possibile anche solo pensare che Diana sia stata in silenzio per tutte le ore precedenti la sua morte, in cui era in agonia? Cosa è accaduto in quella casa? Troppi i dubbi da chiarire. Glielo dobbiamo alla piccola Diana e a chi piange la sua scomparsa per mano della madre killer.