Storie agghiaccianti, talmente surreali da ritenerle frutto della folle mente di un regista del macabro. Sono storie che farebbero venire la pelle d’oca a chiunque e che si fa fatica a credere possano realmente essere accadute. Eppure, seppur crude, spietate, sono reali. Quella che sto per raccontarvi ha a che fare con la zooerastia, l’accoppiamento tra essere umano ed animale.
Si tratta di un atto bestiale, di cui si macchiano gli esseri umani, a danno di esseri indifesi come gli animali, che ovviamente non possono difendersi . La Corte di Cassazione, attraverso una recente sentenza, ha stabilito che la zooerastasia venga ricondotta nel reato di cui all’ ex art. 544-ter cp, rubricato: “Maltrattamento di animali”.
La norma punisce “chi, senza necessità o per crudeltà, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”. La zooerastia, per le caratteristiche etologiche dell’animale, è un comportamento insopportabile.
Per l’ordinamento italiano, il colpevole viene punito con la reclusione, che va dai 3 ai 18 mesi, o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. Vi è un’aggravante che comporta l’aumento della pena sino alla metà: se dal fatto deriva la morte dell’animale.
Il caso che sto per raccontarvi, risalente al lontano 2014, mi ha fatta inorridire e farebbe inorridire chiunque ha a cuore la salute dei nostri amici a quattro zampe. Vediamo cosa è accaduto.