La lettera choc di Renato Pozzetto: “Caro Enzo, tra poco sarò con te lassù” (2 / 2)

Renato Pozzetto non ha certo bisogno di presentazioni. Nato il 14 luglio 1940 a Laveno, in provincia di Varese, deve tantissimo alla città di Milano, in quanto è qui che ha esordito come cabarettista, ha conosciuto tutti i suoi maggiori collaboratori e ha girato innumerevoli suoi film, quasi in segno di riconoscimento ad una città senza la quale, forse, non sarebbe stato Pozzetto. Renato si è lasciato andare ad una toccante intervista rilasciata al Corriere. Una veste inedita, la sua, in quanto solitamente ci strappa sempre un sorriso, mentre stavolta c’è da discutere di amicizia e non di un amico qualsiasi ma di Enzo Jannacci, il cantautore-medico con la passione per il karate che è stato, per lui come un fratello.

Capace di scrivere canzoni intense, ma spesso ricorrendo all’ironia tipica del cabarettista, fu tra i pionieri del rock and roll e tra gli esponenti principali del grande cantautorato anni Sessanta e Settanta, fino a quando, nel 2013, ci ha lasciati. Renato Pozzetto, intervistato dal Corriere, parlando proprio del suo amico fraterno Jannacci, ha dichiarato: “Quelli dl Corriere mi chiedono di parlare della nostra amicizia, io però sono un po’ in crisi con la memoria, sai? Dovresti aiutarmi un po’. Quaggiù s’invecchia e la salute è un problema. Tra poco ci rincontreremo, e io sarò felice di stare con te. E tutto sarà come una volta, anzi meglio. Lì c’è tutto e si può fare tutto e bene, proprio come facevi tu…”.

Pozzetto ha esternato le sue sensazioni legate alla dipartita del suo grande amico: ” Mi manchi tanto. Mi manca sentirti cantare, quando mi facevi ascoltare le tue novità. O quando ci confidavamo speranze, desideri e quelle cose che pensano tutti ma che non si possono dire. Ti ricordi quando mi portasti a fare un giro all’Idroscalo, sulla tua barca a vela? Era febbraio, faceva un freddo della madonna, e noi eravamo vestiti come Roald Amundsen, l’esploratore, ma almeno lui aveva una tenda rossa”.

Un’intervista che tocca le corde dell’anima, in cui è facile immedesimarsi, dal momento che ognuno di noi ha toccato con mano il dolore di una morte come questa. L’amatissimo Renato Pozzetto prosegue dicendo: “Quando io arriverò dove sei tu, se Lui me lo permetterà (io ci spero perché non è che abbia fatto tante cazzate), fatti trovare con il pianoforte e la chitarra. So che lì ci sono strumenti della Madonna. E io vorrei cantare, sai? Qui, con tutto quello che succede, mi mancano voglia e occasioni. Già so che faresti un’altra bella canzone, di quelle che fanno piangere come una fontana, anche perché quaggiù, adesso, manca pure l’acqua e un po’ di umidità farebbe bene”.

E poi la chiusura, un saluto che sa di arrivederci: “In questi giorni andrò a teatro, Elio (degli Elio e le Storie Tese) parlerà di te e canterà le tue canzoni, lui è bravo e lo spettacolo sarà bello. Al teatro Lirico, dedicato al tuo amico Gaber, si sono dimenticati di te! Non prendertela, sono cose che succedono in questi tempi. Ora penso di averti rotto le balle e allora ti saluto. Ciao Enzo, un abbraccio forte, e un bacino. Ci vediamo presto. Saluti. Renato”.