Elenoire Ferruzzi, trema il mondo dello spettacolo, la confessione choc davanti le telecamere (2 / 2)

Se è noto che la Ferruzzi all’anagrafe fosse Massimo e che sin da giovanissima si sentiva già donna imprigionata in un corpo maschile, non tutti conoscono che ha dovuto combattere contro due piaghe che divorano la nostra società. Parlo del bullismo e dei pregiudizi.

Soprattutto da piccola, Eleoire ha sofferto davvero tanto ha deciso di raccontare la sua forte storia proprio a Chi. Rivolgendosi al giornalista che l’ha intervistata, ha esordito dicendo: “Non scriva transessuale, queer, intersex, binario o non binario. Scriva, semplicemente: Elenoire”, precisa ad Alessio Poeta di Chi. Per lei tutto ciò “genera distacco e confusione”.

Riferendosi sempre al suo passato, ha parlato di come è riuscita a convertire la sofferenza in quello che attualmente è: “Il mio pensiero va compreso. Io sono oltre. Non mi conformo in nulla. Il mio transessualismo l’ho trasformato in un atto di potere e di orgoglio. Il mio corpo e il manifesto stesso della liberazione. Lei non sa quante persone si rispecchiano in me, per la forza che io emano. La generazione Z sta crescendo senza pregiudizi e senza etichette”.

I tempi sono cambiati ma, ad oggi, non tutti sono ancora pronti ai cambiamenti. Certo è che gli anni in cui Eleonoire era adolescente erano molto più rigidi e carichi di pregiudizi. Si è sentita sbagliata, diversa, perché gli altri l’hanno fatta sentire tale. Per Elenoire era tutto ok, si sentiva una femminuccia. Poi, con le prime vessazioni, ha iniziato a capire che il suo corpo non si sposava appieno con la sua anima.

Nell’affrontare il tema prima cotta, il ricordo è quello di un’esperienza traumatica. Su questa esperienza la vippona ha dichiarato: “Si chiamava Paolo. Durante qualche lezione iniziai a disegnare sul diario un cuore rosso con, vicini, i nostri nomi. La maestra, dal nulla, prese il diario, lo mostrò a tutta la classe e inizio ad urlare: ‘Avete visto il vostro compagno che cosa sta facendo? Vergogna!’. Da li tutti a ridere. […] Ricordo ancora oggi il pulmino che mi portava da casa all’istituto come uno dei posti peggiori di sempre. Insulti, prese in giro e botte. Ma ho fatto sesso con chi mi bullizzava”.