Da bambini tutto ciò che vogliamo è la libertà di sognare, di creare con la fantasia e, possibilmente, di concretizzare ciò che abbiamo immaginato. Un celebre adagio mutuato dalla rivisitazione disneyana della favola di Cenerentola recita che “I sogni son desideri”, e rubare i sogni ad un bambino equivale ad uccidere inevitabilmente una parte di lui. Per questa ragione oggi pedagogisti sono d’accordo riguardo al fatto che per preparare un bimbo ad affrontare il mondo la chiave non stia nel limitare le sue fantasie, bensì nello spronarlo a realizzarle.
Certo è vero che molti dei sogni che coltiviamo da bambini sono destinati a rimanere delle semplici fantasie, per tutta una serie di fattori che possono andare dalle limitazioni fisiche a quelle cognitive, alla mancanza di opportunità alla sfortuna, e via discorrendo. Ciò che è invece necessario è riuscire a riciclarsi sempre, a riadattarsi al contesto in cui ci troviamo – e riadattarvi pertanto anche le nostre aspettative – in maniera tale da non smettere mai di porci degli obiettivi. Così da rimanere sempre attivi, e continuare a sentirci vivi e curiosi.
Per Laura Scheel e Matt Grodsky, il sogno d’infanzia era uno su tutti: rimanere sempre insieme, sposarsi ed avere una famiglia. All’epoca però nessuno avrebbe creduto che questa fantasia si sarebbe effettivamente realizzata. D’altronde fanno fatica a resistere persino le storie d’amore nate al college, che aspettativa avrebbe potuta avere una nata addirittura all’asilo? Forse una volta su un milione capita che una favola del genere riesca effettivamente a concretizzarsi, superando tutti gli ostacoli che possono presentarsi lungo la strada.